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I numeri della legionellosi negli studi odontoiatrici

La pubblicazione da parte dell’Istituto Superiore della Sanità delle “Indicazioni per la prevenzione del rischio Legionella nei riuniti odontoiatrici durante la pandemia da COVID-19” ha nuovamente portato l’attenzione verso i possibili rischi della diffusione del batterio attraverso lo studio odontoiatrico.

Ma quanto è alto il rischio, quanti sono i pazienti che hanno contratto la legionellosi sottoponendosi a cure in uno studio odontoiatrico?

A scattare la fotografia dei casi di legionellosi in Italia è lo stesso Istituto Superiore di Sanità con un report annuale pubblicato sul Notiziario dell’Istituto.
L’ultimo risale al novembre scorso e si riferisce ai casi di legionellosi diagnosticati e notificati al Registro Nazionale della Legionellosi dell’ISS nel 2018.

Secondo quanto pubblicato, complessivamente nel 2018 sono stati notificati all’ISS complessivamente 2.964 casi di legionellosi, con un incremento del 47% rispetto all’anno precedente.
L’incidenza della malattia risulta, come negli anni precedenti, superiore nelle regioni del Nord (75,3 casi/1.000.000 abitanti) rispetto a quelle del Sud e Isole (13,2 casi/1.000.000 abitanti) e a quelle del Centro (49,9 casi/1.000.000 abitanti).

“Il cospicuo aumento dei casi rilevato nel 2018, rispetto agli anni precedenti -sottolineano dall’ISS- evidenzia la necessità di promuovere attività formative/informative per tutte le categorie a rischio di legionellosi, come indicato nelle linee guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi del 2015, al fine di diffondere una maggiore consapevolezza rispetto al rischio di acquisizione della malattia”.

Un’esposizione a rischio nei 10 giorni precedenti l’inizio dei sintomi è stata riportata dal 15,8% dei soggetti. Dei 2.964 casi notificati, 298 casi (10,1%) avevano pernottato almeno una notte in luoghi diversi dall’abitazione abituale (alberghi, campeggi, navi, abitazioni private), 101 (3,4%) erano stati ricoverati in ospedale, 64 casi (2,2%) erano residenti in case di riposo per anziani o RSA o strutture di riabilitazione, 4 casi (0,1%) avevano altri fattori di rischio (soggiorno in carceri o in comunità).

Il restante 84,2% dei casi è stato classificato “come di origine comunitaria -vale a dire non nota, spiegano dall’ISS- in quanto non ha riportato alcun soggiorno al di fuori della propria abitazione durante il periodo di incubazione della malattia, anche se 23 soggetti hanno riferito di aver frequentato una piscina e 24 di essersi sottoposti a cure odontoiatriche”.

Il 48% dei pazienti affetti da legionellosi presentava altre patologie concomitanti, prevalentemente di tipo cronico-degenerativo (diabete, ipertensione, broncopatia cronico-ostruttiva, 76%), neoplastico (16%), autoimmune (3%), infettivo (1,8%), trapianti (1,2%) e altre patologie (2%).

Fonte: Odontoiatria33

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Legionella al Policlinico di Bari, cinque morti

Cinque morti dal 2018 al 2020 di legionella, contratta durante la degenza al Policlinico. Una bufera si abbatte sulla sanità pugliese: la procura di Bari ha disposto stamane il sequestro dei due più importanti padiglioni del Policlinico, il Chini e Asclepios, quello che fino a qualche settimana fa era il Covid Hospital pugliese.

E ha chiesto l’interdizione per l’intero management per il secondo più grande ospedale pugliese: il direttore generale Giovanni Migliore, il sanitario Matilde Carlucci, quello amministrativo Tiziana Di Matteo, il vice direttore sanitario Giuseppe Calabrese e il capo dell’area tecnica, Claudio Forte.
Secondo l’inchiesta cinque persone sono morte di legionella, batterio che era presente all’interno delle tubature dell’ospedale. Il primo nel luglio del 2018, l’ultimo il 7 agosto del 2020. Ciò nonostante – secondo l’accusa dei pm Grazia Errede e Alessio Coccioli, in un’inchiesta controfirmata anche dal procuratore reggente Roberto Rossi – il management del Policlinico non avrebbe preso le contromisure necessarie “in materia di prevenzione” adempiendo alle linee guida previste. L’ospedale non chiuderà: è stata concessa la facoltà d’uso.

Lo scorso settembre si erano verificati altri episodi di legionellosi.

Controlli in corso alla clinica di Medicina Interna “Frugoni” sui valori di legionella nell’acqua: lo comunica il Policlinico di Bari. Al momento non c’è nessun caso ma per precauzione 6 pazienti sono stati trasferiti. A seguito dei controlli effettuati sulle acque dei reparti “è stato necessario – spiegano dal Policlinico di Bari -avviare degli approfondimenti.
Le verifiche incrociate di Arpa e Policlinico di Bari, infatti, riportano valori di legionella differenti e proprio sui valori anomali è necessario svolgere ulteriori esami. Onde evitare rischi per i pazienti, in via precauzionale, dunque, sono stati avviati interventi tecnici sull’impianto idrico: le procedure, tuttavia, non possono essere eseguite in presenza di degenti”.

Fonte: La Repubblica

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Rischio Legionellosi negli studi odontoiatrici

Sul tema prevenzione del rischio legionella l’Istituto Superiore di Sanità nel 2015 aveva emanato delle linee guida ad hoc. Un tema che da sempre fa discutere il settore che ritiene il rischio di contagio nello studio odontoiatrico molto basso.
Polemiche che si sono riproposte durante il periodo di emergenza da Covid19, quando l’ISS ha emanato delle indicazioni specifiche per lo studio odontoiatrico, in particolare per i casi in cui lo studio rimane chiuso per un certo periodo.

Di Legionella e studio odontoiatrico ne abbiamo parlato con la dott.ssa Maria Luisa Ricci , Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie e Immunomediate, Istituto Superiore di Sanità.

Dott.ssa Ricci cominciamo dalle indicazioni emanate in piena pandemia. Sono da intendere come indicazioni oppure obblighi?

Il titolo del rapporto ISS COVID-19 n. 27/2020 – “Indicazioni per la prevenzione del rischio Legionella nei riuniti odontoiatrici durante la pandemia da COVID-19. Versione del 17 maggio 2020” è esplicito: trattasi di indicazioni da seguire al fine di garantire la salute dei pazienti e dei lavoratori. In particolare, viene enfatizzata l’opportunità di tutelare gli individui più vulnerabili e che potrebbero risultare esposti ad aumentato rischio di infezione respiratoria durante le cure dentali a seguito dell’inalazione di aerosol contaminato.In pratica, considerato aumentato il rischio di infezione da Legionella stante la situazione particolare, si è voluto porre un’ulteriore attenzione su quanto già previsto in materia e disciplinato in varie fonti normative, quali ad esempio il DLvo 81/2008 e il DM 14 giugno 2017.

Quali le responsabilità dei titolari di studio verso l’inosservanza? Chi controlla?

I gestori delle strutture odontoiatriche, pubbliche e private, sono tenuti sempre ad attuare tutte le misure di sicurezza per evitare il rischio di esposizione a potenziali patogeni, ivi compreso la Legionella, in modo tale da creare un ambiente di lavoro sicuro per se, per il proprio personale collaborante e per i pazienti.Teoricamente, con questo spirito, non sarebbero neppure necessari controlli, ma la norma prevede, a tutela della salute pubblica, che, in seguito alla segnalazione di uno o più casi di legionellosi con una esposizione nel periodo di incubazione della malattia, sia l’autorità sanitaria locale a verificare il rispetto delle regole.

Queste indicazioni hanno una scadenza, visto che sono legate all’emergenza Coronavirus?

Queste indicazioni, in aggiunta alle azioni per il controllo ordinario, valgono ogni qual volta ci sia un periodo di sospensione di 1- 2 settimane dell’attività del riunito odontoiatrico.Inoltre, si ricorda che un maggiore controllo deve essere posto in condizioni climatiche (naturali o artificiali) che determinano una temperatura dei circuiti idrici superiore ai 20°C, favorevole alla proliferazione di Legionella e di altri microrganismi.

La professione ritiene che le misure siano eccessive per un settore dove l’incidenza di casi di accertato contagio da Legionella è di fatto nullo, almeno stando al report pubblicato dall’ISS.

Quando va tutelata la salute pubblica non esistono misure eccessive ma opportune. L’importanza del controllo della Legionella per il lavoratore e per tutti coloro che frequentano il luogo di potenziale rischio è sancita dal Decreto legislativo 81/2008.Il fatto, poi, che, in odontostomatologia, non siano riportati molti casi è indicativo che il rispetto delle regole di prevenzione ha i suoi effetti. Tuttavia, si è certi che si è anche in presenza di diverse mancate diagnosi di legionellosi e della scarsa qualità dell’indagini che vengono fatte su possibili esposizioni.Infine, non va dimenticato, che le indicazioni riportate nel Rapporto ISS sono in linea con quanto adottato a livello europeo (“ESGLI guidance for managing legionella in dental practices during the covid-19 pandemic”)

Nel 2015 il Ministero della Salute ha adottato le vostre indicazioni per stilare le Linee guida sulla prevenzione ed il controllo della legionellosi anche nello studio odontoiatrico. Anche in questo caso le polemiche non si risparmiarono e vennero richieste modifiche che però non arrivarono. Avete avuto un confronto con i rappresentanti della professione? Pensate che vi siano margini per rivedere quanto previsto?

Il rischio di acquisizione della legionellosi in ambito odontoiatrico è noto ed è certificato dalla numerosa letteratura internazionale esistente: tutte le misure di controllo e prevenzione hanno come fine la tutela della salute pubblica e, ad oggi, in assenza di cambiamenti dell’evidenza scientifica, non necessitano di alcuna rivisitazione, poiché riflettono le indicazioni a livello europeo.

Fonte: Odontoiatria33

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Allarme legionella in Abruzzo

A Ortona, in provincia di Chieti, sono morte tre persone per un’infezione da legionella e, al momento, risultano nove persone (compresi i deceduti) contagiate. L’ultima vittima del batterio, che attacca il sistema respiratorio e provoca polmoniti gravi, è un uomo di 76 anni che aveva patologie pregresse. Nei giorni scorsi, avevano perso la vita una donna di 61 anni, anche lei con serie patologie e un altro 76enne ortonese, ricoverato all’ospedale di Chieti per legionellosi e deceduto con il coronavirus. La diffusione del batterio è stata scoperta a metà settembre, la prima vittima risale a 15 giorni fa.
Il Comune aveva già allertato la Asl, l’ Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente e l’Istituto superiore di Sanità per indagare sul focolaio dell’infezione. I casi si concentrano in tre zone, Fonte Grande, Villa Rogatti, Caldari e Gagliarda e i primi controlli sono stati fatti sulla rete idrica e sui serbatoi, ma le analisi su sorgenti e condotte hanno dato esito negativo. Il gruppo di esperti in legionellosi inviato sul posto dell’Istituto superiore di Sanità sta portando avanti altre verifiche su alcuni stabilimenti industriali della zona interessata.
In città la preoccupazione, vista anche la concomitante emergenza Covid19, è notevole. Il sindaco di Ortona, Leo Castiglione, ha cercato di rassicurare gli ortonesi con un messaggio sui social: “Al momento è prematura qualsiasi azione e preghiamo di non creare inutile allarmismo. Ricordiamo che la legionella si sviluppa attraverso l’inalazione aerea di acqua, attraverso il vapore acqueo, o liquidi che ospitano il bacillo legionella e non è contagiosa, non si trasmette quindi tra persone».
Il batterio della legionella fa parte del gruppo dei gram-negativi aerobi ed è stato coperto in seguito all’epidemia acuta del 1976, che colpì alcuni militari riuniti in un albergo a Philadelphia. La legionellosi definisce tutte le forme causate da batteri del genere legionella. Può causare la febbre di Pontiac, che si presenta come malattia acuta autoimmune e che, dopo l’incubazione, porta sintomi come febbre, mialgia, cefalea e gola arrossata. L’altro quadro clinico comporta lo sviluppo di una polmonite infettiva. I fattori di rischio principali sono l’età avanzata, patologie croniche, immunodeficienza e fumo. Di solito si contrae attraverso l’inalazione o l’ingerimento di acque contaminate dal batterio.

Fonte: La Repubblica

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Polemiche su nuovo protocollo I.S.S.

Feroci polemiche sono esplose da parte degli odontoiatri contro il nuovo protocollo dell’Istituto Superiore di Sanità del 17/05/20 per contenere il rischio di contagio da legionella negli studi odontoiatrici. 
“Sono regole inutili…tirate fuori con la scusa del Covid19 ha affermato il dott. Renato Mele, vicepresidente Andi Toscana.
Pronta la risposta della portavoce dell’ISS la dott.ssa Mirella Taranto: “Sono regole basate sull’evidenza scientifica e hanno come scopo quello di garantire la sicurezza del paziente e dello staff odontoiatrico”.

Inutili o utili, queste regole, sono un ulteriore conferma di quanto disciplinato nella norma DLvo 81/2008 e nel DM 14/06/2017, e i controlli sono aumentati. 

Proprio per questo, possiamo affermare che Filtro Koala è conforme all’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità perché: 

– i filtri hanno porosità nominale inferiore a 0,2 micron 

– i filtri hanno il numero di registrazione come dispositivi medici accessori ai riuniti dentali 

– esistono pubblicazioni scientifiche comprovanti l’efficacia 

Rapporto ISS COVID-19 n. 27/2020

Fonte: Odontoiatria33

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Lo sai che secondo il protocollo dell'Istituto Superiore di Sanità del 17/05/20:

- Filtro Koala ha una porosità nominale inferiore a 0,2 micron
- Filtro Koala ha il numero di registrazione come dispositivo medico accessorio al riunito odontoiatrico
- Filtro Koala è conforme al nuovo regolamento UE 2017/745 (MDR) contenente l'UDI-DI dell'azienda e del prodotto
- Filtro Koala ha pubblicazioni scientifiche su PubMed comprovanti l'efficacia

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